Tutte le persone che trovate elencate qui sotto hanno frequentato l’Istituto Blaise Pascal e testimoniano con la loro esperienza in campo lavorativo la qualità del percorso di studi offerto dall’Istituto.
I Dardari Bros – I primi italiani a realizzare videogiochi
Sono tre fratelli. Tutti ex studenti del Pascal.
Davide, attualmente professore presso l’Università degli Studi di Bologna e ricercatore affiliato al Massachusetts Institute of Technology (MIT), Boston, con un curriculum di tutto rispetto, studente modello e grande ricercatore.
Poi Francesco e Marco che hanno una società “multimediale”: “Ci occupiamo soprattutto video-produzioni ma con l’informatica-elettronica-telecomunicazioni sempre al centro della nostra esperienza lavorativa. Da adolescenti, abbiamo sviluppato una serie di videogiochi, in assoluto i primi italiani a realizzare videogiochi poi commercializzati in tutta Europa”.Nel 1988 con il marchio Dardari Bros hanno realizzato per il computer Amiga, “Italy ’90 Soccer“, seguito negli anni seguenti da “Over the Net“, “World Cup ’90” e “WarmUp“.”Il successo fu incredibile! Ancora oggi siamo ricordati per questa esperienza che fra l’altro sta continuando in quanto abbiamo diversi videogiochi presenti sull’AppStore di Apple per un totale ad oggi di quasi 3 milioni di downloads”.
Dopo qualche anno l’esperienza informatica e quella televisiva si fondono. Con l’avvento di computer sempre più potenti, i tre fratelli realizzano un rivoluzionario sistema automatizzato per la messa in onda dei filmati per le emittenti televisive tramite pc.
Jacopo Dall’Ara – Studente di Ingegneria Elettronica
Quando si è diplomato nel 2008 ha trovato subito lavoro. Un contratto a tempo indeterminato che ha poi lasciato per approdare all’Università di Ingegneria Elettronica dell’Università di Bologna, sede di Cesena. Il suo desiderio: vincere il dottorato di ricerca, continuare a studiare ed approfondire l’Elettronica per diventare poi docente universitario. Ecco Jacopo Dall’Ara, classe 1989, ex studente del Pascal indirizzo Elettronica attualmente all’ultimo anno di Ingegneria.
“Se all’ITT studi – spiega Jacopo – ad ingegneria voli. Sin dal biennio mi sono appassionato tanto all’Elettronica e nel triennio la scelta d’indirizzo è stata per me scontata. L’Elettronica è una disciplina dal grande fascino, molto stimolante. Non basta studiarla occorre capirla, osservare e tentare e sbatterci la testa . E’ uno dei settori di maggior sviluppo attualmente e continuerà ad esserlo per lungo tempo. All’ITT ho potuto mettere le mani sui progetti che studiavo e fare esperienza diretta di quello che i miei insegnanti mi spiegavano. All’università, avendo basi ottime, ho superato con serenità esami molto complessi come analisi matematica I e II e più di un paio di esami sono stati per me un ripasso di conoscenze già acquisite alla scuola superiore. L’ITT è stata per me la scelta ideale: una scuola che ti fa approdare al mondo del lavoro e che ti consegna al tempo stesso il bagaglio culturale, formativo ed esperienziale utile per affrontare l’università”.
Toni Greco – Docente articolazione Informatica ITT B. Pascal
“Dalla costruzione di un microcomputer alla cattedra di Informatica”
Ha iniziato occupandosi di tutto ciò che in casa sua era inscrivile nel settore elettronico. Poi ha scoperto l’informatica e oggi la insegna. Una passione nata tra i corridoi dell’ITT Pascal che oggi percorre da docente con l’aspirazione il desiderio di insegnare Informatica e scoprire insieme ai propri studenti tutte le sfaccettature di una disciplina in continua evoluzione. Ecco Toni Greco, classe 1963, ex studente Pascal oggi membro del corpo docente dell’Istituto.
“Mio padre era un cultore di libri e riviste di ogni disciplina e la mia casa assomigliava, per certi versi, ad una piccola biblioteca. Inoltre mio padre aveva anche allestito, in una stanza di casa, un laboratorio artigianale per coltivare i suoi hobby: realizzare strutture in legno ed in metallo, eseguire riparazioni e montaggi di apparecchiature elettroniche. E non poteva mancare il mitico “baracchino” CB, per comunicare con altri appassionati via radio, nella banda dei 27 Mhz.
E’ in questo humus che è nata la mia passione per l’elettronica prima e per l’informatica poi. Ma in questo percorso non dimentico di certo l’aiuto datomi da un caro amico di famiglia, a sua volta perito elettronico, diplomatosi in quello che allora si chiamava Itis (Istituto tecnico industriale statale) di Cesena.
E’ stato un percorso iniziato quando andavo ancora alle scuole medie, cominciando a costruirmi, e a volte anche a progettare, diversi dispositivi: da una semplice torcia elettrica, passando per un trasmettitore FM ed un frequenzimetro, fino ad un vocoder e ad un sintetizzatore per la musica elettronica. Agli inizi anche la televisione di casa, un vecchio modello a valvole in bianco nero, era passato sotto le mie cure per la ricerca dei guasti e per le riparazioni. Altre volte invece andavo sul tetto con mio padre per sistemare le antenne della TV e del CB.
In un simile contesto la mia scelta fu scontata e, col senno del poi, azzeccatissima: i miei genitori mi iscrissero all’Itis. Fu un periodo pregno di stimoli, a volte anche entusiasmanti, che culminò con una tesina per l’esame di maturità per la quale avevo progettato e costruito un microcomputer. Per tale progetto avevo anche scritto il software di sistema (programma Monitor) oltre a vari programmi, tutti rigorosamente con l’assembly del processore 8085. Un caro amico e compagno di classe aveva invece progettato e realizzato un programmatore di EPROM con il quale potei trascrivere il programma Monitor dalla carta sul chip di memoria del mio microcomputer.
Preso il diploma ho proseguito gli studi laureandomi in Ingegneria Elettronica a Bologna, ma questa è un’altra storia.
Aggiungo solo che, ben prima di arrivare alla laurea, iniziai a lavorare come docente all’Itis, prima con supplenze di breve periodo, poi con incarichi annuali, fino a superare gli esami per prendere le abilitazioni (Informatica, Elettronica, Elettrotecnica ed in seguito Matematica) ed “entrare di ruolo”.
E a conclusione di questa breve cronistoria mi pregio di citare un motto di Steve Jobs che tutti noi dovremmo fare nostro: stay hungry, stay foolish”.
Stefano Ceroni
Con il suo prototipo è riuscito a far interagire con l’esterno un uomo che da oltre 10 anni è impossibilitato a comunicare. Quest’uomo afflitto da una patologia gravissima non riusciva nemmeno a pronunciare un sì e un no. Eppure con questo nuovo software dopo anni è riuscito, anche se per poco, a farsi intendere dai suoi famigliari.
L’ideatore di tutto ciò non è uno scienziato o ricercatore universitario, ma uno studente dell’ITT Pascal di Cesena che ad oggi, lavora per un’azienda informatica che si occupa di servizi cloud e di sicurezza informatica. Stefano Ceroni, classe 1995, si è diplomato 4 mesi fa all’Istituto tecnico tecnologico Pascal di Cesena, indirizzo elettronica. A metà luglio ha sostenuto l’orale della maturità e a fine estate aveva già un contratto di lavoro in mano.
Sicuro delle sue idee e sostenuto dai genitori e dai colleghi del FabLab Romagna (laboratorio di progettazione e creazione di invenzioni, che ha un suo spazio all’ITT Pascal di Cesena) Stefano all’inizio del 2015 ha presentato il suo prototipo The brain arm al Maker fair di Roma, la fiera dell’innovazione dove sono protagonisti invenzioni e creatività e dove maker e appassionati di ogni età e background si incontrano per presentare i propri progetti e condividere le proprie conoscenze e scoperte. Durante la manifestazione Stefano ha conosciuto persone che gli hanno suggerito di sviluppare un’applicazione per comunicare con persone colpite da paralisi totale.
Stefano come ha avuto questa intuizione?
“Stavo guardando un video sull’Emotiv Epoc, una strumentazione simile ad un casco la cui tecnologia consente di controllare il computer con la forza della mente. Ho pensato come sarebbe stato sfruttare le risorse del casco per controllare un braccio. Così ho ideato prima il software necessario per collegare cervello, computer e braccio. In seguito, realizzata l’interfaccia, ho costruito materialmente il mio prototipo di braccio”.
Come l’ha creato?
“Si tratta di un robot umanoide realizzato mediante la stampa in 3D. Il prototipo è stato costruito all’interno dell’ITT Pascal di Cesena, dentro il FabLab Romagna. La stampa 3D consente di passare dal disegno tridimensionale all’oggetto fisico in brevissimo tempo, accorciando così notevolmente le tempistiche di realizzazione rispetto alle tradizionali tecnologie.
Il braccio robotico fa parte del progetto InMoov, un robot umanoide completamente stampato in 3D e che prende spunto da studi effettuati nel 2012”.
Qual è il suo obiettivo?
“Il mio progetto vuole dimostrare le potenzialità di un’interfaccia neurale a basso costo (come questi caschetti) e le sue possibili implicazioni in ambito medico. Tramite la forza del pensiero, posso muovere il braccio, ma potrei provare a fare altro. Per realizzare il casco mi sono autofinanziato. Ho fatto uno stage estivo e ho ottenuto i fondi necessari al progetto. Ho così acquistato il casco e l’ho adattato alla mia idea e sono anche riuscito a fare i primi tentativi con questo signore, che per primo ha testato il mio software. I risultati sono stati stupefacenti; il soggetto è stato in grado di utilizzare il caschetto nonostante le complicazioni che sopraggiungono dopo anni di paralisi. L’applicazione gli ha permesso di pronunciare attraverso il pc sì e no, ma la precisione è stata troppo bassa per un utilizzo quotidiano. Ho quindi deciso di appoggiarmi ad un altro programma su cui sto lavorando”.
Ma come funziona?
“Il braccio robotico controllato con l’interfaccia neurale aveva il fine di dimostrare le potenzialità del caschetto wireless che traduce gli impulsi celebrali in un segnale che a distanza comanda il movimento dell’arto. Non è mia intenzione proporre un’alternativa alle tecnologie o protesi già presenti in commercio. Desiderio solo dare prova di ciò che può fare un caschetto di questo tipo. Ora voglio lavorare su vari tipi di applicazioni, in primis su progetti volti ad aiutare chi ha bisogno di comunicare. Poi chissà quello mi riserverà il futuro”.
Michelangelo Bucci – Giornalista e membro del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti
“Al Pascal ho imparato il metodo di analisi e risoluzione dei problemi”
Quella che all’inizio sembrava la scelta non proprio corrispondente ai suoi talenti, nel tempo si è dimostrata vincente: così Michelangelo Bucci, classe 1974, oggi giornalista, ricorda i suoi anni al Pascal.
“Si può apprezzare il fatto di non aver scelto proprio la scuola giusta? Per quel che mi riguarda sì. Indeciso, sul finir delle scuole medie, tra un percorso di studi umanistico ed uno tecnico, mi ritrovai a imboccare il secondo “perché almeno, al termine dei cinque anni, resta qualcosa in mano” (come recitava l’adagio del tempo).
Oggi non svolgo l’attività di perito, lavorando ormai da anni come giornalista (professione che, dal 2013, mi ha portato a Roma a rappresentare i colleghi dell’Emilia-Romagna in seno al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti). Eppure le competenze acquisite nel mio accidentato percorso di studi all’Iti (oggi ITT) si sono rivelate essenziali in più di un’occasione. Non mi riferisco tanto alle nozioni tecniche (soggette inevitabilmente a rapida obsolescenza) quanto, soprattutto, al metodo di analisi e risoluzione dei problemi.
Ritengo che l’alto livello richiesto dagli insegnanti (addirittura traumatizzante per chi, prima del triennio al Pascal, aveva frequentato altri Istituti tecnici) abbia reso meno difficile l’ingresso nel mondo del lavoro a intere generazioni di studenti.
Una qualità nell’insegnamento non limitata certo alle materie tecniche. Nel mio caso, per fare un esempio, aver avuto come insegnante Dino Pieri (un “mostro sacro” della storiografia locale, appassionato scrittore e divulgatore), ha rafforzato oltremodo la mia sete di conoscenza, convincendomi negli anni successivi al diploma a intraprendere un corso universitario di studi storici”.
Mentre si allenava con la prima squadra dell’A.C. Cesena ha conseguito il diploma all’ITT Pascal. Andrea Zamagni, classe 1996 già giocatore della Nazionale italiana under 18 nel 2013, è stato uno studente del Pascal. “Per seguire la mia passione calcistica e allo stesso tempo continuare gli studi – ha detto Zamagni – ho scelto di trasferirmi a Cesena da Cesenatico dove abito. Ho vissuto per un anno da solo. E’ stato necessario staccarmi dalla mia casa di origine perché i tanti impegni, i tempi serrati degli allenamenti e la scuola mi portavano a stare sempre più a Cesena che a Cesenatico. Così a settembre del mio quinto anno ho affittato un appartamento e da lì è iniziata l’avventura. All’inizio coniugare studio e calcio non è stato semplice. Il campionato si gioca il sabato, e quindi io perdevo tutte le lezioni di quella giornata, a volte ero assente anche il venerdì quando avevo le trasferte. Così ogni settimana accumulavo delle lezioni da recuperare da solo. Ma questo non mi ha fatto desistere. Ci tenevo troppo al diploma e nonostante la fatica alla fine l’ho conseguito. Ho sempre approfittato tanto delle ore in classe. Stavo molto attento e ogni ora in classe o in laboratorio era un’occasione per me da non lasciarsi sfuggire per imparare. Ora sono in Lega Pro, in prestito dal Cesena al Santarcangelo. Il mio desiderio è quello di proseguire nella carriera calcistica e vista la mia età e le tappe importanti che ho già raggiunto spero proprio di riuscire nel mio intento. Non ho però abbandonato l’idea dell’Università. Con gli studi fatti posso permettermi di iscrivermi a diverse facoltà, attendo di capire cosa mi riserva il futuro.
La mia “vita da studente” è ricca di esperienze, eventi, occasioni, opportunità che rendono il mio rapporto con la scuola e con l’istituto che frequento un’esperienza unica. L’Istituto Tecnico Tecnologico Blaise Pascal di Cesena mi ha dato grandi occasioni di crescita personale e professionale, che hanno segnato il mio percorso scolastico. Perché la scuola non è fatta solo di studio e di voti, ma è rappresentata da una comunità che partecipa attivamente ai contesti della società.
Grazie alle iniziative proposte dal mio Istituto, negli anni ho avuto modo di partecipare a scambi culturali all’estero, progetti di rilevanza sociale (Noi non lo faremo: Percorso per diventare uomini che rispettano le donne) e di interesse tecnologico tra cui il Coderdojo “Wizards Of Python” (percorso di volontariato in cui si insegna a dei bambini le meccaniche della programmazione attraverso il linguaggio Python) e il Fablab Romagna (laboratorio di innovazione che mi ha permesso di partecipare, attraverso uno stand dell’associazione stessa, alla Maker Faire Rome 2014 e di costruire una stampante 3D).
Queste realtà, scolastiche e non, mi hanno reso partecipe di eventi e iniziative che hanno contribuito a rendermi più attivo come alunno, come cittadino e come persona. La mia vita da studente, quindi, non è basata sulle lezioni e sulle aule, ma è concentrata su un senso di comunità globale, costituita da studenti e docenti anche di classi diverse, che cooperano al raggiungimento di obiettivi comuni. Sono tantissime le attività che ogni Istituto può ospitare: personalmente credo che l’adozione di un Fablab all’interno di ogni sede scolastica sia una chiave di volta in grado di rivalutare il rapporto tra studenti e insegnanti, la creatività e l’intraprendenza che distingue gli studenti italiani nel mondo e l’innovazione ancora possibile nella scuola pubblica italiana.
Per la carta dello studente “Io Studio” ho pensato ad un sistema di raccolta punti per cui uno studente accumula punti cooperando allo sviluppo della propria realtà scolastica (attraverso volontariato) che sono spendibili in servizi extra che la scuola fornisce (ad esempio un servizio di Stampa 3D disponibile a tutti).